Abbandonate l'idea di pepita, oggi loro si trova nell'hi-tech.
Che il valore di questi prodotti sia aumentato
negli ultimi anni è evidente; difficile immaginarsi una quotidianità
senza computer, cellulari o altri oggetti tecnologici. La frenetica
corsa all'ultima scoperta però, porta spesso a far calare molto
rapidamente il nostro interesse verso il prodotto appena acquistato e
nell'arco di alcuni anni o addirittura mesi lo ritroviamo in un cassetto
o nel cestino. Eppure il cellulare "superato", conserva un valore fino
ad oggi ben poco considerato.
Dall'e-waste ("rifiuto elettronico") sono infatti ricavabili materiali preziosi tramite un processo chiamato "Urban Mining" .
Da una tonnellata di oggetti obsoleti è possibile ricavare circa 400 grammi doro.
Non è difficile dunque pensare che nelle discariche
in giro per il globo si nascondano oro e argento per milioni di
dollari, producendo ogni anno in tutto il mondo fino a 50 milioni di
tonnellate di rifiuti elettronici e considerando il recente aumento del
valore dell'oro.
Secondo il GeSI (Global e-Sustainability Initiative) i metalli preziosi recuperati dai rifiuti elettronici possono essere fino a 50 volte più ricchi di quelli estratti dalle miniere.
Dati importanti che stanno spingendo sempre più aziende ad aprire questo ciclo di recupero.
Quale maggior centro di trattamento dei rifiuti elettronici è stato identificato Guiyou, città della Cina, con 1,5 milioni di tonnellate trattate ogni anno, generando ricavi per 75 milioni di dollari.
Uno tra i primi in Italia a portare questo esempio è Andrea Squarcialupi, 48 anni, consigliere delegato ed azionista di controllo della Chimet,
il quale importa rifiuti elettronici da Stati Uniti, Germania o Malesia
per fonderli ed estrarne argento, platino, palladio, rodio e ovviamente
oro, esportato poi sotto forma di lingotto principalmente in Svizzera o Gran Bretagna.
Il grande scoglio da superare è però quello dell'inquinamento atmosferico causato
dai sali di cianuro altamente tossici utilizzati per la separazione
delloro dagli altri metalli e ai quali non si era finora trovata
soluzione alternativa.
La svolta potrebbe arrivare tramite l'utilizzo di una tecnica naturale basata sull'amido di mais, capace di salvaguardare il fattore ambientale e di abbassare i costi di lavorazione.
Scoperta fatta, come spesso accade in maniera del tutto casuale, dal gruppo di ricerca coordinato dall'americano Fraser Stoddart,
della Northwestern University (cui è inserito anche il chimico italiano
Marco Frasconi). Durante uno studio è stato notato come questo
reagente, completamente naturale e derivato dall'amido, sostituisse
perfettamente le funzioni svolte dal cianuro, separando loro anche da
altri metalli "simili" come platino e palladio.
L'esperimento sta attraversando ancora una fase
embrionale e ha bisogno di numerose conferme, ma è già una speranza per
chi si augura di trovare il modo più sostenibile possibile di
riutilizzare i nostri vecchi prodotti elettronici.
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